La proposta di istituire classi ad hoc per stranieri che evidenziano un deficit linguistico ed eventualmente anche matematico è stata avanzata dal ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara in un’intervista rilasciata al quotidiano Libero, diretto  da Mario Sechi noto nocchiere propagandistico di Palazzo Chigi. Sarebbero previste classi di accompagnamento la mattina e di potenziamento il pomeriggio. Per realizzare questo retrivo ed infausto piano di ghettizzazione ci sarebbero a disposizione 85 milioni di euro (risorse del ministero dell’Istruzione)  e altri 70 milioni di euro provenienti dal Fondo asilo immigrazione integrazione del ministero dell’interno.

La creazione  di classi costituite esclusivamente da stranieri che raggrupperebbero alunni di età e classi differenti con il preteso obiettivo di favorirne l’apprendimento della lingua italiana al fine di facilitare lo studio  delle diverse materie scolastiche,  escluderebbe gli alunni immigrati dai contenuti curriculari nel frattempo presentati ai compagni di banco.

Di conseguenza si opererebbe di fatto ostacolando il loro apprendimento scolastico e demotivandoli; la didattica inclusiva dimostra che l’apprendimento della lingua abitualmente usata per la comunicazione è piuttosto rapido e avviene per immersione, grazie agli scambi quotidiani e al contatto con i propri pari, contrariamente alla separazione che ne rallenterebbe e precluderebbe l’apprendimento.

Il fascio-leghista Valditara si muove con sottile e cinico intento per creare sacche di emarginazione e di differenziazione oltre che distruggere quel poco di coscienza critica e democratica portata avanti da quella parte della classe docente che, nonostante difficoltà d’ogni genere, ha operato in difesa dei principi  democratici improntati alla promozione dell’ uguaglianza .

Naturalmente questa proposta ghettizzante viene approvata dai presidi di Anp,  sempre conniventi con l’indirizzo politico del governo, ossequiosi e servili come dimostrano le sospensioni deliberate nei confronti di studenti che occupano gli Istituti  di cui denunciano le criticità.

Nihil novi sub soli . Con la creazione di classi per stranieri torneremmo indietro di 95 anni; l’idea di classi separate comparve nel 1928 (Testo Unico Istruzione) prevedeva scuole speciali e classi differenziali per “ritardati e/o indisciplinati” e durò per moltissimi anni fino alle leggi 517 e 820. Ufficialmente dichiarava un nobile intento: dare più possibilità e più cura a chi ha meno vantaggio in partenza. Ma intanto nutriva una serie di paure regressive e di pregiudizi razzisti:
– la paura, inconscia, verso chi è diverso, ed è quindi ritenuto potenzialmente pericoloso;
– la paura, nascosta, che gli a-normali compromettano il rendimento dei normali e dei bravi;
– la paura, taciuta, da certi insegnanti, eventualmente anche precari, che pensano che non si ritroverebbero nella colla condizione di poter svolgere interamente i programmi o, peggio, di  perdere

Il posto di lavoro.

Trentaquattro anni dopo, nel 1962 furono istituite “classi differenziali” con specifici programmi per gli alunni disadattati, la maggior parte dei quali, non a caso, provenienti da condizioni famigliari caratterizzate da un disagio economico di fondo. Cinque anni dopo si passò alla “scuole speciali” introducendo la figura dell’insegnante di sostegno, per poi procedere con la loro abolizione nel 1977 sotto la pressione delle grandi lotte operaie, popolari e studentesche dei decenni precedenti.

La vergognosa proposta di classi separate per stranieri segna un’ulteriore nota stonata anche perché cade nell’anno europeo che si vorrebbe formalmente e cero anche demagogicamente dedicare alla valorizzazione dell’interculturalità che, nel campo scolastico dovrebbe favorire “l’incontro e l’immersione continua e piena nella classe multietnica che favorisce l’ascolto e il dialogo promuovendo l’apprendimento. Ma il ministro Valditara volutamente ignora i risultati della didattica inclusiva e fa da spalla  al ministro Lollobrigida che lancia l’inesistente minaccia della sostituzione etnica, a cui a sua volta fa eco il ministro del Consiglio Meloni che sponsorizza la triade “Dio, patria e famiglia” in funzione di una marginalizzazione culturale e sociale sempre più accentuata delle masse proletarie e popolari. Classi sociali da tenere più che mai in sottomissione eterna nella speranza di un dio che “atterra e suscita, che affanna e che consola”.

Dietro la proposta di classi separate si cela la volontà di alimentare emarginazione e di suscitare ad arte conflittualità e guerre tra poveri da capitalizzare sul terremo politico; si tratta di discriminazione, razzismo e xenofobia in contrasto con i principi democratici persino quelli formalmente sanciti sul piano costituzionale e su quello del diritto internazionale.

Siamo dinanzi sia a una cosciente devastazione  di quanto negli anni una didattica almeno formalmente mirante all’inclusione aveva prodotto non solo in termini di apprendimento ma anche di civile convivenza. E’ presente la volontà di ghettizzazione volta a fornire manodopera a bassissimo costo, fine quest’ultimo chiaramente espresso nella riforma degli istituti tecnici. Ne è prova la scuola in 4 anni per tecnici e professionali già avviata dalla ministra Fedeli (PD) . Cosa molto grave si accentua lo spostamento del baricentro, per quanto riguarda la formazione degli studenti provenienti dalle masse popolari, verso una scuola che ha il solo scopo di addestrare per una mansione lavorativa preparando al più presto gli studenti ad essere spremuti fino all’osso dalle aziende e questo alimentando contemporaneamente precarizzazione e disoccupazione. Questa riforma comprime anche i tempi del percorso scolastico risparmiando 8000 euro per studente. Una delle tante articolazioni della politica di tagli alle spese sociali per studente che il governo Meloni preferisce utilizzare per coprire le spese per privati ed aziende coinvolti nel sistema scolastico ed in generale promuovere più repressione ed incrementare l’iniziativa militare guerrafondaia dell’imperialismo italiano nel mondo.

Classi ponte per stranieri e riforma di tecnici e professionali sono facce della stessa medaglia: creare manodopera a bassissimo costo per il  massimo profitto e marginalizzare le classi sociali subalterne  E’ la fine  della scuola borghese liberale come possibile via di ascesa sociale per una minoranza dei giovani delle classi più oppresse e sfruttate. E’ l’affermazione invece di una scuola che segna organicamente il destino lavorativo e umano delle fasce popolari più oppresse e sfruttate, inclusi a maggior ragione i ragazzi etichettati come stranieri.

Il processo di integrazione europea tanto decantato è, sotto questo profilo, solo uno specchietto per le allodole; difatti esso nasconde il fine di formare un lavoratore salariato, succube ideologicamente e passivo e manipolabile politicamente, che dal punto di vista delle competenze offra una possibilità di utilizzo ultraflessibile.

Oggi assistiamo al ritorno di anni molto bui per il proletariato e le masse popolari del nostro Paese.  Un ignobile ed ipocrita intento è  la proposta di Valditara che accentua l’impronta classista della scuola italiana e nel contempo propone classi ghetto per stranieri, classi ghetto ed una riforma ultra-reazionaria della scuola, il tutto con l’obiettivo di una scuola che garantisca una vasta massa di riserva di manodopera sottopagata e precarizzata o, addirittura, come nel caso dell’alternanza scuola-lavoro. lavoro non retribuito, come dimostra la morte di tre studenti, Lorenzo Parelli, Giuseppe Lenoci e Giuliano De Seta.

Si procede così, in modo sempre più peggiorativo, nel solco delle riforme portate avanti tanto dai governi di centro-sinistra che da quelli di centro-destra; tutte riforme che hanno in comune il potenziamento dell’assetto classista ed aziendalistico della scuola con un crescente spazio per la presenza del privato nel sistema d’istruzione pubblica. Si pensi appunto alla Buona scuola del Pd che ancora oggi costringe ragazzi giovanissimi a lavorare gratis e senza tutele in stage, rischiando la vita.

Un buon punto di partenza per opporsi a tutto questo è quello di prendere seriamente in considerazione l’idea teorizzata da A. Gramsci, di “una scuola unitaria” capace di tracciare un percorso di ricomposizione tra “lo sviluppo delle capacità di lavorare manualmente e lo sviluppo delle capacità del lavoro intellettuale” con lo scopo di superare la divisione tra dirigenti e diretti per un’emancipazione politica e sociale complessiva. Si tratta di un elemento programmatico che pare l’unico in grado di prospettare una battaglia organica contro questa scuola e questa società classiste e discriminatorie.

Oggi il capitalismo in crisi affina le sue armi che diventano più violente, disumane, coercitive e subdole per cui è necessaria una lotta unitaria contro il classismo fascista. Una lotta rivoluzionaria, anticapitalista e internazionalista, per un progetto di una Democrazia Popolare e di una società socialista che valorizzi pienamente, contro l’oscurantismo ideologico e contro ogni discriminazione e marginalizzazione, anche il settore educativo-scolastico.

PER LA DEMOCRAZIA POPOLARE