Volantino distribuito a Roma ed in altre città. 

A distanza di sei mesi dall’inizio dell’aggressione fascista e genocida nella striscia di Gaza, si contano ormai circa 33.300 persone assassinate, compresi 13.000 bambini, e più di 76.000 feriti. Una serie di orrendi crimini è stata perpetrata in questi mesi contro una popolazione che oggi è costretta alla fame e senza medicinali per la cura dei feriti e degli ammalati. Anche la popolazione palestinese della Cisgiordania è stata oggetto di continue provocazioni, con l’uccisione di circa 460 persone, tra cui 117 bambini, e con più di 4750 feriti. 

Lo Stato d’Israele sta operando in questi giorni per espandere la sua iniziativa genocida. Il ritiro del 7 aprile di parte delle forze impiegate nell’offensiva contro Gaza, da molti salutato come un primo passo verso la fine della guerra e considerato come un importante esito della diplomazia internazionale, appare invece una mossa improntata ad un’espansione dell’aggressione contro il popolo palestinese. Nel mirino ci sarebbe la popolosa città di Rafah, collocata ai confini dell’Egitto, distante circa 30 km da Gaza e ormai popolata in gran parte da profughi palestinesi. L’attacco a Rafah, già oggetto di sanguinarie incursioni militari israeliane, è stato formalmente deciso a metà marzo dal governo fascista in carica. Il comandante delle forze armate israeliane ha dichiarato “la guerra a Gaza continua e siamo lontani dal fermarla”. Il ministro della difesa Yoav  Gallant ha detto che l’obiettivo della ritirata delle forze terrestri è quello di passare all’offensiva contro la città di Rafah. Israele sta costruendo campi di concentramento nel centro della striscia di Gaza dove ammassare i profughi della città di Rafah (40.000 tende per contenere circa 100.000 profughi previsti da Rafah), mentre altri “campi profughi”, circondati da gigantesche mura, sono in costruzione in Egitto vicino al confine con la striscia di Gaza.

Lo Stato d’Israele sta perseguendo, in accordo con gli USA, la strada del coinvolgimento diretto dell’IRAN nell’espansione del conflitto, mirando dunque a sancire un altro fronte della guerra inter-imperialista, oltre a quello già operante relativo all’immane massacro in corso in Ucraina (con più di mezzo milione di morti).  L’IRAN è sempre più interno alla sfera d’influenza dell’imperialismo russo e del socialimperialismo cinese, come testimoniato anche, nelle scorse settimane, dalle manovre militari navali congiunte nel Golfo di Oman. Sarebbe però del tutto opportunista non rilevare come anche Russia e Cina stiano di fatto anche colludendo con l’imperialismo occidentale nella politica di contenimento e pacificazione della resistenza del popolo palestinese. Entrambe le potenze opprimono altri popoli e piccole nazioni e non vedono certo di buon occhio l’effetto dirompente che avrebbe, a livello internazionale, l’affermazione della resistenza palestinese. Le contraddizioni che di volta in volta si possono rilevare su questo versante sono solo legate al tentativo delle stesse Russia e Cina di sfruttare la questione palestinese per accrescere la propria presenza e influenza nel Medio Oriente e in altre regioni dell’Africa e, quindi, per migliorare il proprio posizionamento rispetto alla contraddizione con l’imperialismo occidentale.

Intanto, gli USA forniscono lo Stato israeliano di ulteriori armamenti e di superbombe in grado di polverizzare tutto nel raggio di 100 metri. L’UE continua ad erogare fondi, teoricamente destinati alla difesa, per finanziare aziende israeliane impegnate nello sforzo bellico, con una particolare attenzione rivolta agli impieghi dell’IA e alla produzione dei droni, settori dove spicca anche l’operato imperialista in proprio dello Stato italiano, attivo, oltre che nel complesso militare-industriale, anche in varie università impegnate nella ricerca e nella “cooperazione scientifica” con le imprese che forniscono armi a Israele.

In questi mesi lo Stato d’Israele, come attestano anche le forti proteste dei famigliari, non ha mai smesso di bersagliare la striscia di Gaza, senza alcun problema di operare per salvaguardare i prigionieri israeliani nelle mani della resistenza palestinese. Risulterebbe che decine sono le morti tra i prigionieri, causate dalle incursioni e dai bombardamenti di Israele. Anche dal punto di vista formale, si riducono sempre più le condizioni per una qualche trattativa diplomatica volta ad affermare il cessate il fuoco, visto anche il completo fallimento di quanto sancito dalla risoluzione ONU per il Ramadan. Solo la resistenza armata del popolo palestinese insieme allo sviluppo delle lotte rivoluzionarie e delle guerre popolari dei popoli oppressi (rivoluzioni di Nuova Democrazia in India, Filippine, Perù, Turchia, ecc.) e alla necessaria lotta nei paesi imperialisti contro il sostegno politico, economico e militare dato alla Stato genocida israeliano, e contro il fascismo e l’imperialismo, possono creare effettive condizioni per una soluzione realmente democratica e rivoluzionaria della Questione Palestinese.