L’attacco alla libertà di espressione delle masse popolari da parte del governo fascista in carica ha raggiunto nuovi livelli. Sono state infatti vietate sabato scorso le manifestazioni a sostegno della lotta di liberazione del popolo palestinese. Come scusa per vietare le manifestazioni, il governo ha ostentato il fatto che erano state indette per il 27 gennaio, in concomitanza con il giorno della memoria. Il ministro dell’interno Piantedosi ha colto la palla al balzo per tale divieto, facendo mostra di venire incontro alla richiesta di rinviare le manifestazioni a un’altra data, avanzata dal presidente della comunità ebraica di Roma Victor Fadlun, il quale non si vergogna di utilizzare il ricordo del genocidio della popolazione di religione ebraica ad opera del nazifascismo in Europa, nel tentativo di mascherare il suo pieno sostegno al regime sionista di Bibi Netanyahu, l’ “Hitler” del Medio Oriente.
Così, con una circolare, Piantedosi ha invitato le varie prefetture a rinviare i cortei, cosa che poi in effetti è avvenuta. Sala, sindaco di Milano, è stato il primo ad applicare le direttive contenute nella circolare; altre città come Roma, Bologna, Napoli e altre, si sono poi accodate.
Nonostante tutto, migliaia di manifestanti sono scesi in piazza sfidando i divieti. A Milano la polizia ha caricato. Scendere in piazza è stato giusto, ma non basta solamente sfidare i vergognosi divieti imposti dal governo fascista Meloni. Questo non è sufficiente per opporsi alla sempre crescente repressione delle istituzioni nei confronti delle masse popolari. Bisogna innanzitutto comprendere come tutto ciò è l’esito di un processo di fascistizzazione che da vari decenni viene alimentato dalle diverse frazioni del grande capitale anche attraverso tutti i partiti borghesi. È invece tipico di una concezione movimentista negare tale processo, dando di fatto un’immagine del governo in carica come caratterizzato in senso temporaneo e passeggero e rifiutando di ammettere, invece, come il governo Meloni rappresenti un vero e proprio salto di qualità verso il tentativo di cristallizzare un regime fascista.
Sostenere le lotte di liberazione nazionale nei paesi oppressi come la Palestina non è un semplice problema di solidarietà, ma rappresenta uno dei fronti della lotta antimperialista e antifascista nel nostro paese, della costruzione di un blocco popolare fondato sull’alleanza tra il proletariato e i settori oppressi della piccola borghesia, in funzione di un governo di Democrazia Popolare verso il socialismo.