Dopo che un cecchino ha aperto il fuoco ad un comizio del candidato alla presidenza Donald Trump, diverse analisi e prese di posizioni si sono susseguite. Si tratta di un evento che come molti altri nella passata storia americana presenta lati oscuri e suscita vari sospetti. Tuttavia più che imbarcarsi in ipotesi e congetture non solo premature ma anche difficilmente verificabili, ciò che è importante è considerare i primi esiti politici di quanto accaduto.

È un dato evidente che Trump stia incarnando una certa politica ultra-reazionaria e fascista e che una sua possibile vittoria alle elezioni presidenziali non farebbe altro che alimentare analoghi processi a livello mondiale. La sua precedente presidenza è stata contestata e la sua vittoria di estrema misura, segno che la tendenza alla fascistizzazione e al passaggio ad una gestione più aperta della dittatura borghese devono passare anche attraverso accesi confronti all’interno degli organismi istituzionali e delle forze politiche di potere al servizio delle diverse fazioni della classe dominante.

I democratici americani stanno di fatto spianando la strada a questa svolta reazionaria candidando l’anziano e sempre meno credibile Biden. Essi stessi alla presidenza non hanno in alcun modo messo in discussione la politica reazionaria precedente. Pensiamo alla decisione della Corte Suprema del 2022 volta ad annullare la sentenza del 1973 che riconosce alle donne il diritto all’aborto, di fatto aprendo la strada per il suo divieto in numerosi stati controllati dai repubblicani. Questa decisione è stata contrastata dalla presidenza democratica solo a parole e in maniera assai tiepida. Vediamo come in tutto il paese il fascismo poliziesco non si è mai fermato, nonostante i democratici si fossero dichiarati a favore di una “riforma” delle forze di polizia dopo le proteste del Black Lives Metter.

Ma anche dal punto di vista della politica imperialista Biden, nonostante alcune ipocrite  dichiarazioni, ha ampiamente sostenuto  il genocidio sionista e il “diritto a difendersi” di Israele. Ciò che lo differenzia da Trump è il suo tentativo di blandire il popolo palestinese e i giovani americani che hanno occupato le università con velenose proposte per il  “cessate il fuoco” e con periodici inviti formali nei confronti di Israele a “moderarsi”. D’altronde la polizia è stata sguinzagliata per sgombrare con la forza e con varie centinaia di arresti gli studenti dalle università occupate.

Diventa dunque evidente come Trump, che inizialmente suscitava qualche malumore, stia sempre più diventando il candidato di punta per le elezioni presidenziali al servizio del capitale finanziario USA.  Questo mentre si sta proponendo sul piano della politica interna come portatore di una linea mirante a dare mano libera alla polizia nella repressione controrivoluzionaria e sul piano della politica estera come il più attivo sostenitore dei piani genocidi di Israele e dell’aggressione di paesi come l’Iran e il Venezuela. Dunque questo attentato, molto probabilmente facilita la strada a Trump per la presidenza ed essendo gli Stati Uniti il paese imperialista egemone, avrà degli effetti  in tutto il mondo e non solo in quel particolare paese.

Questo processo lo si vede già anche in quei paesi e in quei partiti politici che da alcuni imbroglioni nostrani vengono spacciati come progressisti o addirittura socialisti. Anche questi grandi politici e governi di “sinistra”, dopo aver tanto tuonato per ingannare le masse contro l’imperialismo statunitense, si stringono attorno al gendarme USA condannando “la violenza in ogni sua forma”. Dal socialimperialista Xi Jinping, passando per Evo Morales, Maduro e Lula, tutti sono costernati di fronte a quanto accaduto e si affrettano a dare il loro sostegno. Persino il presidente Diaz-Canel di Cuba, capo di un governo che pretenderebbe di opporsi agli USA e addirittura di essere “marxista” e “socialista”, afferma “la condanna ad ogni forma di violenza”.

Diventa dunque evidente il sostegno che il revisionismo e il socialfascismo sono intenzionati a fornire, fuori da ogni retorica sul cosiddetto “anti-imperialismo” e “multipolarismo”, alla nuova ondata controrivoluzionaria che si prospetta a livello mondiale contro le lotte dei popoli oppressi, in primis quella del popolo palestinese e delle rivoluzioni di Nuova Democrazia in corso principalmente in India e nelle Filippine. Xi Jinping e Trump potranno scontrarsi su qualche dazio e su qualche isola del Mar Cinese Meridionale, ma forniscono entrambi quando serve armi al regime reazionario filippino per reprimere la guerra popolare filippina.

L’attentato dunque non solo evidenza un processo reazionario che si produce a livello mondiale a cui tutti noi dobbiamo opporci, ma tende anche a rivelare le reali contraddizioni e a mostrare gli effettivi posizionamenti dei revisionisti e dei socialfascisti all’interno del fronte reazionario mondiale. Il tutto fornendo ulteriore benzina per il processo di fascistizzazione nel nostro paese. Nel processo di decomposizione e decadenza dell’imperialismo, la polarizzazione tra rivoluzione e controrivoluzione tende ad accentuarsi sempre di più e questo smaschera lo schieramento reazionario della falsa sinistra.

A tutto ciò bisogna opporre sul piano internazionale un fronte mondiale anti-imperialista guidato dal proletariato, come sta anche facendo la neo-nata Lega Anti-Imperialista, e nel nostro paese la costruzione di un partito comunista fondato su un’ideologia corretta ed un fronte popolare democratico anti-fascista.