Un importante articolo sulla situazione politica in Bolivia che smaschera gli interessi della frazione di Evo Morales al servizio della borghesia burocratica. Questo articolo evidenzia nello stesso tempo il carattere opportunista e reazionario delle varie forze in Italia della “sinistra radicale” e della cosiddetta “estrema sinistra” che sostengono il MAS (Rete dei Comunisti, Resistenza Popolare ecc.). Traduzione non ufficiale da The Red Herald
Bolivia: la guerra all’interno del MAS è la guerra tra diverse fazioni della borghesia burocratica
Recentemente si sono sviluppate in Bolivia nuove proteste come parte della lotta per il controllo del partito di governo. Una lotta in atto all’interno dello stesso “Movimiento al Socialismo” [MAS] tra Evo Morales, presidente dal 2006 al 2019, e il suo successore, da allora presidente della Bolivia Luis Arce, sostenuto inizialmente dallo stesso Morales dopo che a quest’ultimo è stato vietato di ripresentarsi alle elezioni del 2020.
Attualmente, il Paese è paralizzato a causa dei blocchi stradali di coloro che sostengono Morales, principalmente coltivatori di coca gestiti da caciques e grandi proprietari terrieri di alcune aree del Paese. Questi blocchi stanno causando la mancanza di rifornimenti e di carburante, che era già un prodotto costoso nel Paese dopo la fine degli incentivi per il carburante. All’inizio di quest’anno abbiamo pubblicato un articolo sui conflitti interni: https://heraldorojo.org/2024/01/31/ lucha-por-el-poder-dentro-del-partido-mas-de-bolivia/ .
La Bolivia si trova in una profonda crisi politica, in accelerazione dal 2019, che non ha via d’uscita. L’attuale accentuazione è iniziata con la quarta rielezione di Evo Morales a Presidente della Repubblica. Dopo solo tre settimane ha dovuto dimettersi e lasciare il Paese per diversi motivi: l’instabilità del Paese, che era esploso in proteste per chiedere le sue dimissioni, il giudizio sulle elezioni come piene di “irregolarità” da parte dell’Organizzazione degli Stati Americani (un’organizzazione più al servizio dell’imperialismo yankee per controllare politicamente l’America) e persino la minaccia delle forze armate volta a “suggerire” a Morales le proprie dimissioni. Tuttavia, la vera ragione è che Morales non serviva più adeguatamente gli interessi dell’imperialismo e quindi, in un modo o nell’altro, non poteva continuare a rimanere in carica.
Da allora la fazione della borghesia comprador ha preso il controllo dello Stato della Bolivia. Prima con Jeanine Áñez, che ha usurpato il potere senza nemmeno indire le elezioni dopo la partenza di Morales, dal 2019 al 2020, quando la situazione non poteva più reggere a causa della grande quantità di proteste popolari che chiedevano l’immediata partenza di Áñez. È stato allora che sono state indette le elezioni ed è entrato il nuovo presidente del Paese, Luis Arce, anch’egli proveniente dal MAS.
Ora, con l’avvicinarsi delle elezioni del 2025, la contraddizione all’interno del partito per la conquista del suo controllo si sta approfondendo. Sebbene entrambe le fazioni cerchino di mostrare uno scenario in cui questa situazione sia riconducibile alla “spinta del partito verso destra”, come afferma Morales, o alla “protezione delle ragazze”, come afferma Arce, entrambe seguono gli interessi della determinata fazione della borghesia burocratica che rappresentano. Da una parte c’è Evo Morales, che rappresenta la fazione burocratica del Paese, e dall’altra Luis Arce, che sempre appartenendo allo stesso partito, rappresenta maggiormente gli interessi della fazione comprador.
Ogni dichiarazione che fanno fa parte del gioco elettorale per poter screditare, in modo opportunistico, il proprio avversario. Ad esempio, le accuse contro Evo Morales, che ora è stato chiamato davanti alla Procura, sono relativi a fatti accaduti nel passato, in particolare, i più gravi si sono verificati nel 2016, quando era ancora in carica. Solo nel 2019, quando è stato costretto a lasciare il Paese, ha affrontato la minaccia di un possibile colpo di Stato da parte dei militari che avevano preso a pretesto tali fatti venuti alla luce per la prima volta. Ma tutto è passato rapidamente sotto silenzio, perché da quando se n’è dovuto andare non ha più rappresentato una minaccia. Ora, dopo aver organizzato marce per fare pressione sull’attuale governo, dopo aver cercato di espellere Arce dal MAS (cosa che non si è potuta realizzare perché la Corte Suprema di Giustizia ha abrogato il Congresso del MAS, e non ce n’è stato un altro) ed aver dichiarato in quello stesso Congresso di volersi candidare alla presidenza alle prossime elezioni, ecco che il caso riesplode. Pertanto, né Arce né gli altri politici, procuratori o avvocati “si preoccupano delle ragazze”. O almeno non finché non possono usarle in modo opportunistico.
D’altra parte, Evo Morales insiste nel voler rimanere come leader perché accusa gli altri di aver “spinto il partito verso destra”. “L’unica cosa che destabilizza il governo è la cattiva gestione, la corruzione e il tradimento dei veri militanti, dei rivoluzionari”, ha detto l’ex presidente il mese scorso. Morales cerca di ottenere di nuovo il sostegno delle masse boliviane attraverso i suoi discorsi passati, proclamando la “rivoluzione” e che lui è il “cambiamento”, anche se non c’è stato alcun cambiamento reale nei 13 anni in cui è stato presidente. Uno dei più grandi casi di corruzione, il “Fondo Indígena”, non si è forse verificato quando era al potere? D’altra parte, come sempre accade ai rappresentanti della borghesia, ha ignorato più volte la stessa Costituzione o il referendum del 2016, in cui la sua proposta di essere rieletto di nuovo è stata sconfitta. Quindi non è vero che il MAS è stato “spinto a destra”, perché non è mai stato rivoluzionario, non si è mai schierato contro l’asservimento del Paese all’imperialismo, soprattutto yankee, e quindi non c’è mai stata alcuna rivoluzione più che a parole.
Il ruolo svolto da Evo Morales è stato quello di proteggere questa grande borghesia nazionale per favorirne lo sviluppo. Ricordiamo le parole di Nuevo Perù in un articolo di quest’anno: “Come si può ricordare, Evo Morales ha vinto le elezioni presidenziali alla fine del 2005. Fino ad allora c’era una situazione di instabilità in tutti gli ordini con continui cambi di governo. In questa situazione, a nome della fazione burocratica della grande borghesia, egli assume il governo e attua un programma basato sull’impresa statale e sugli investimenti per mantenere la vecchia società semi-coloniale e semi-feudale, sulla cui base si sviluppa un capitalismo burocratico al servizio dell’imperialismo, soprattutto yankee. Gli economisti borghesi affermano che è continuato il modello “primary-export”, cioè il capitalismo burocratico e la politica economica di crescita economica basata sulle esportazioni verso il mercato mondiale, il cui risultato è stato il solito, crescita spinta senza sviluppo economico e dopo il ciclo di aumento dei prezzi dei beni di consumo, ritorno al punto di partenza”.
Per esempio, vediamo il caso dell’industria mineraria: l’industria mineraria è una delle principali attività economiche della Bolivia, con oltre il 9% del PIL del Paese. La Bolivia è tra i Paesi con il maggior numero di riserve di metalli come l’argento, lo zinco, lo stagno, il piombo o il litio, tutti molto richiesti dall’industria per produrre diversi componenti elettronici, come le batterie delle auto elettriche, tra gli altri. Un altro metallo che spicca nel Paese è l’oro. Da diversi anni ormai, l’oro ha un valore di mercato sempre maggiore ed è una risorsa più richiesta dall’industria come metodo di pagamento. Per questo motivo la Banca Centrale della Bolivia sta aumentando la quantità di oro nelle sue riserve.
Con le politiche capitalistiche burocratiche di Morales, questa grande borghesia, seguendo sempre le richieste dell’imperialismo, soprattutto yankee, è cresciuta durante gli anni del mandato di Morales e ha aumentato il suo potere economico e politico. Nel 2010, dopo diversi anni di governo Morales, solo nel dipartimento di La Paz c’erano già 459 cooperative dedite all’estrazione dell’oro. Nel 2019 il numero era quasi triplicato, raggiungendo 1.230 solo in questo dipartimento. Anche i profitti sono aumentati in questo modo. Nel 2019 la quantità di oro estratto e le sue vendite si sono moltiplicate, raggiungendo i 2,6 miliardi di dollari.
In questo modo, Morales ha svolto il suo ruolo di difensore del capitalismo burocratico. Secondo lo stesso Fondo Monetario Internazionale, nel 2018 la spesa pubblica, a causa di questo grande investimento nelle aziende statali, ha rappresentato il 37,1% del PIL del Paese. Questo dato supera di gran lunga quello di altri Paesi come il Perù, dove la percentuale è del 20%. Con il suo ruolo svolto, Morales non era più utile all’imperialismo, soprattutto yankee.
D’altra parte, vale la pena ricordare che durante gli anni del governo Morales ci sono state anche proteste di massa contro di lui. Ad esempio per la costruzione della strada TIPNIS, che attraversava Cochabamba (centro) e Beni (nord-est) e colpiva le famiglie contadine indigene della zona. Dopo 60 giorni di proteste, il governo ha dovuto fermare i lavori quando stavano per iniziare.
D’altra parte, con l’arrivo di una delle continue crisi del capitalismo, la soluzione dell’imperialismo è stata quella di appoggiare la borghesia compradora. Prima con Jeanine Áñez e ora con Arce, la tendenza è quella di potenziare gli investimenti stranieri. Ad esempio, recentemente Arce ha annunciato l’investimento nella produzione di materie prime e la costruzione di un’azienda a questo scopo, l’Industria Chimica Boliviana (IBQ), dove verranno prodotti componenti come l’acido solforico o l’idrossido di sodio, oltre a molti altri. Tuttavia, questo progetto è già stato venduto all’imperialismo, avendo già iniziato con la gara d’appalto e l’assunzione di “imprese internazionali” per realizzare il progetto.
Tuttavia, il caso più esplicito è la strategia di Arce per cercare di entrare nei BRICS. Che la Bolivia entri a far parte di questo blocco, formato da Paesi imperialisti (Cina e Russia) e semi-coloniali e semi-feudali (Brasile, Sudafrica o India), è un obiettivo per la borghesia compradora, soprattutto quella coinvolta nello sfruttamento di risorse come il litio o il gas naturale, che vede una grande opportunità di arricchirsi ulteriormente realizzando progetti antipopolari. Inoltre, Arce insiste sul “rafforzamento” della Banca di Sviluppo dei BRICS, che permette alle imprese imperialiste di finanziare i loro progetti a basso costo. Aziende dell’imperialismo cinese come Catl, Xinjiang TBEA Group, Fusion Enertech, Brunp o CITIC Guoan Group, tra le altre.
Pertanto, è chiaro che nonostante i giochi dei partiti elettorali, che non esitano a usare lo sfruttamento sessuale delle ragazze, solo nel momento in cui ne traggono vantaggio politicamente, o che cercano di continuare a sfruttare l’illusione delle masse popolari per un cambiamento che non arriverà mai, la verità è che questa disputa è un’ulteriore lotta delle diverse fazioni della borghesia burocratica per controllare l’apparato statale in base ai loro interessi particolari.