Il 10 febbraio ricorre “Il giorno del ricordo”, incentrato sulla questione delle “foibe”, istituito nel marzo 2004 con una legge bipartisan in nome della pacificazione e delle memorie condivise. Una giornata che pretende di “commemorare le uccisioni degli Italiani da parte dei partigiani di Tito” e il cosiddetto “esodo giuliano-dalmata”.

Ogni anno il 10 febbraio diventa occasione per la riproposizione, in termini sempre più viscerali, di un infame revisionismo storico mirante alla criminalizzazione dei comunisti titini e italiani ed alla cancellazione dei crimini operati dai fascisti di Mussolini nei territori slavi. Questo nel quadro generale di un attacco all’epica guerra contro il nazifascismo condotta vittoriosamente dall’Armata Rossa.    

Estrapolare la “vicenda delle foibe”, costruita ad arte sulla base di episodi relativi allo sviluppo della guerra contro il nazifascismo, dal contesto storico è ovviamente una scelta politica mirante alla falsificazione della realtà; ogni evento è il prodotto di una causa o di più concause ed è solo un’adeguata lettura che può fornirci il quadro di quella situazione. I cosiddetti “infoibati”, da quanto risulta dalle indagini storiche, provengono dal nazifascismo; nazisti tedeschi, fascisti italiani e ustascia furono autori di massacri, pulizie etniche, assassinii di massa, torture, campi di concentramento e di sterminio, crimini razzisti.

Ricordiamo a tale proposito la posizione assunta cinque anni fa dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella che, proprio nel giorno del ricordo, escludendo ogni nesso tra l’orrore delle foibe e i torti del fascismo, insinuò l’accusa di negazionismo e riduzionismo da parte degli storici, che invece avevano indagato quel nesso.

I crimini commessi dalle truppe di occupazione nei Balcani furono superiori per numero e ferocia a quelli consumati in Libia e in Etiopia. Nei territori dei Balcani hanno agito interamente i fascisti, seguendo le direttive dei massimi esponenti dell’esercito, quale il generale Mario Roatta, coadiuvati nello sporco lavoro dai governatori della Dalmazia e del Montenegro e persino dall’alto commissario per la provincia di Lubiana, tutti Italiani.

I fascisti italiani, durante l’occupazione dall’11/4/1941 all’8/9/1943 , come risulta dalla Commissione di Stato Jugoslava sui crimini italiani alla United Nations War Crimes Commission di Londra, nella sola provincia di Lubiana fucilarono 1000 ostaggi, ammazzarono proditoriamente oltre 8000 persone, fra cui alcune che erano state prosciolte dal tribunale militare di guerra di Lubiana; incendiarono 3000 case, deportarono oltre 35000 civili tra uomini, donne e bambini nei vari campi di concentramento presenti in Italia e devastarono 800 villaggi. Decine di migliaia di sloveni, portati alla questura di Lubiana, furono sottoposti alle più orrende torture; nel solo campo di Arbe morirono di fame più di 4500 persone; complessivamente più di 50000 persone persero la vita o subirono offese.

Vi fu una vera e propria pulizia etnica, confermata non solo dal numero degli uccisi e dei deportati, ma anche dalle dichiarazioni di alcuni alti ufficiali e dallo stesso Mussolini. Generale Robotti “Si ammazza troppo poco!”. Maggiore Agueci “Gli Sloveni dovrebbero essere ammazzati come cani e senza alcuna pietà”. Mussolini: “I confini dell’Italia devono essere il Brennero, il Nevoso e le Dinariche: io credo che si possano sacrificare 500000 Slavi barbari a 50000 Italiani”.

Emblematica la famigerata circolare n. 3C del generale Mario Roatta, che stabiliva le modalità per contrastare e liquidare i ribelli in Slovenia e in Dalmazia. Non soltanto ordinava il «ripudio delle qualità negative compendiate nella frase “bono italiano”, ma prevedeva l’incendio di case e di interi villaggi, la fucilazione degli ostaggi, la deportazione dei civili sospetti. Inoltre, stabiliva che «il trattamento da fare ai ribelli non deve essere sintetizzato dalla formula: “dente per dente” ma bensì da quella “testa per dente!”».

Per quanto riguarda Trieste, la versione secondo la quale la città sarebbe stata sottoposta a una dittatura sanguinaria durante i 40 giorni dell’occupazione jugoslava, non trova fondamento ed è palesemente data per di più la presenza delle truppe anglo-americane. In realtà Trieste e le zone viciniori assurte a province del Reich erano diventate ricettacolo di criminali di guerra eliminati dai partigiani di Tito, a cui si deve riconoscenza anche per aver spento il forno crematorio della Risiera di San Sabba dove furono uccisi e bruciati migliaia di Slavi.

Oggi il governo Meloni decide di aprire un museo, dal costo di 8 milioni di euro, per ricordare gli infoibati. Memori della lettura che la destra fa di queste tragiche vicende, si tratterà di un museo dell’oblio, l’oblio dei crimini fascisti compiuti in quelle terre soggette a devastazioni, incendi di case, uccisioni di civili inermi, i campi di Arbe e Gonars allestiti dalla Repubblica di Salò con migliaia di morti, le varie bande costituite per uccidere i resistenti sloveni, fra cui la banda Collotti, quel Collotti che si distinse per le efferate torture di Villa Triste e a cui la Repubblica italiana ha conferito la medaglia di bronzo al valor militare.

Siamo in presenza di un governo fascista che, tassello dopo tassello, crea le basi per la costruzione di un regime dittatoriale per il momento soft, che vedrà un forte consolidamento vista l’inconsistenza oppositiva delle sedicenti sinistre che, sotto la bandiera della morte delle ideologie e della pacificazione, hanno facilitato la ripresa del fascismo che oggi è al governo e ricopre ruoli istituzionali di rilevanza notevole.

Siamo in presenza di un governo nero, nella sua essenza liberticida il cui obiettivo è il pieno sovvertimento della stessa forma e degli stessi ordinamenti della Repubblica parlamentare multipartitica. Per altro già profondamente segnata nel nostro paese dall’ampia immissione del personale dell’ex regime monarchico-fascista nelle istituzioni e per di più successivamente svuotata di contenuto ad opera delle varie leggi speciali e delle cosiddette “riforme istituzionali”. Tutto questo in profondo spregio di quanti donarono la vita lottando contro il regime dittatoriale fascista per un’Italia libera e democratica.

Le dichiarazioni odierne di seguito riportate confermano quanto l’estrema destra, affiancata dai partiti di centro, abbia la volontà di sovvertire completamente la forma e i confini dello Stato, sia mistificando la storia facendo leva sulla mancanza di conoscenza storica da parte delle masse popolari, sia cercando di attuare riforme illiberali quali il premierato e l’autonomia differenziata, favorita dalla mancanza di una reale e forte opposizione, sia, infine, tornando a proporre in forme nuove l’espansionismo imperialista e guerrafondaio nei Balcani (oltre che in altre aree dell’Africa e del Medio Oriente).

La presidentessa del consiglio Giorgia Meloni si muove in quest’ottica quando cerca di fomentare il nazionalismo guerrafondaio  affermando: “Siamo qui a chiedere ancora perdono a nome delle istituzioni di questa Repubblica per il colpevole silenzio che per decenni ha avvolto le vicende del confine orientale e per rendere omaggio a tutti gli istriani e ai giuliano-dalmati che per rimanere italiani decisero di lasciare tutto, case, beni, terreni per restare con l’unica cosa che i comunisti titini non potevano togliere loro e cioè l’identità”. Il tutto, ovviamente, con la voluta dimenticanza nel non ricordare il progetto colonialista di appropriarsi dei territori dei Balcani, della loro occupazione del 1941 caratterizzata da crimini efferati.

Anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella si muove lungo questa traiettoria affermando: due simboli della catastrofe dei totalitarismi, del razzismo e del fanatismo ideologico e nazionalista: la Risiera di San Sabba, campo di concentramento e di sterminio nazista, e la Foiba di Basovizza, uno dei luoghi dove si esercitò la ferocia titina contro la comunità italiana “. Il non aver menzionato le atrocità commesse dai fascisti italiani nei territori dei Balcani, evidenzia un revisionismo incommentabile soprattutto da parte di un capo dello Stato che dovrebbe professare l’antifascismo ed attenersi alle fonti storiche.

Dinanzi a questo baratro che si sta per aprire, è necessario ed urgente serrare le fila per creare un fronte antifascista che coinvolga i sinceri democratici ed i reali comunisti in una visione e prospettiva internazionalista ed antimperialista, mirante a mobilitare ed organizzare settori sempre più ampi del proletariato e delle masse popolari nella lotta per una democrazia popolare.