Traduzione non ufficiale da The Red Herald
Di seguito condividiamo un articolo pubblicato da Nuevo Perù.
Pochi giorni fa, il presidente fascista, genocida e traditore Dina Boluarte ha detto che con 10 soles al giorno [2 euro e 50 cent. NdT] si può mangiare un pasto completo (zuppa, piatto principale e dessert), prendendosi così gioco della crescente miseria delle masse, che soffrono di fame cronica come conseguenza della vecchia società semicoloniale-semifeudale in cui opera un capitalismo burocratico al servizio dell’imperialismo, soprattutto yankee.
Sebbene i problemi del Paese non siano un problema di governo, ma del carattere della società e dello Stato, con ogni governo reazionario i problemi del Paese e la situazione delle masse peggiorano; per questo diciamo che il governo di Boluarte sta accentuando il problema della fame rispetto ai governi precedenti.
La realtà del Paese, che si esprime nella crescita della fame e della povertà, è una conseguenza della disoccupazione, della mancanza di un impiego adeguato per la riproduzione della forza lavoro dell’immensa popolazione contadina e delle grandi masse delle città del nostro Paese, e la disoccupazione, in qualsiasi forma si manifesti, e la fame e la miseria – la disoccupazione è una conseguenza della crisi generale della vecchia società, dell’arretratezza, della base semi-coloniale e semi-feudale su cui si sviluppa la via predominante dell’imperialismo, il capitalismo burocratico. Il sistema di proprietà della terra segna l’intero processo del Paese, dalla sua base economica alle sue istituzioni e concezioni.
I dati sulla fame e la malnutrizione in Perù
Riportiamo alcuni paragrafi dell’editoriale di LA REVISTA AGRARIA 207, settembre 2024, di J. Urrutia, (www.larevistaagrariaperu.org), che ci danno alcune cifre del problema:
“L’indagine nazionale sulle famiglie (Enaho) del 2023 stima che il 31% della nostra popolazione agricola soffre la fame. Ma già nel 2022 la FAO segnalava che eravamo il Paese con la maggiore insicurezza alimentare di tutto il Sud America. Infatti, una recente indagine del PEI indica che, nel 57% degli intervistati, negli ultimi tre mesi almeno una volta la loro famiglia è rimasta senza cibo. La risposta della popolazione priva di risorse è stata la proliferazione di pentole comuni che alleviano la fame degli emarginati”.
Come mostra l’articolo di Miguel Pintado in questo numero, mentre l’incidenza della fame colpisce il 33,1% della popolazione rurale e il 30,6% di quella direttamente legata all’agricoltura, la percentuale sale significativamente al 37% nelle aree urbane, risultando in una media del 36% per l’intero Paese. In parole più dirette: un terzo del Perù vive in condizioni di carestia. Poiché la nostra realtà agricola è estremamente eterogenea, anche le cifre che ritraggono la fame nelle nostre regioni sono diverse: a Pasco (59%) e Huancavelica (46%), circa la metà delle famiglie contadine soffre la fame, e le cifre sono altrettanto allarmanti a La Libertad (46%), Moquegua (45%), Lima (39%) e Arequipa (36%).
Tassi di malnutrizione e anemia: in Perù, il 40,1% dei bambini dai 6 ai 35 mesi soffre di anemia. Vale a dire, quasi 700.000 bambini sotto i tre anni (su 1,6 milioni a livello nazionale). Possiamo anche citare Jessica Huamán – decano del Collegio dei Nutrizionisti della Metropolitana di Lima – quando sottolinea che, secondo l’ultimo rapporto sullo Stato della Sicurezza Alimentare e della Nutrizione nel Mondo, delle Nazioni Unite, “il 51,7% della popolazione peruviana, pari a 17,6 milioni di persone, affronta un’insicurezza alimentare moderata o grave”. Inoltre, il 20,3% dei peruviani vive in una situazione di grave insicurezza alimentare”. L’esperto ha spiegato che questa condizione significa che queste persone hanno esaurito il cibo e sono rimaste un giorno o più senza mangiare, il che è un chiaro indice di fame. (…) Il 33% della popolazione cerca quotidianamente di sopravvivere attraverso la solidarietà e le mense dei poveri”.
La fame e lo sviluppo del capitalismo burocratico basato sulla proprietà semi-feudale su larga scala e sulla dominazione semi-coloniale dell’imperialismo
Prendiamo un altro articolo della stessa rivista, che dice:
“Il presidente Boluarte ha dichiarato che lo sblocco dei mega progetti di irrigazione finalizzati all’agro-esportazione, come il Chavimochic, rafforzerà la sicurezza alimentare del Perù”. Tuttavia, secondo i dati del Sunat, le esportazioni agroalimentari peruviane sono passate da 786 milioni di dollari nel 2000 a 10.545 milioni nel 2023, senza che questo aumento esponenziale si rifletta, come abbiamo visto, nella stessa misura negli indicatori di insicurezza alimentare.
Al contrario, l’Indagine demografica e sulla salute delle famiglie (Endes) del 2023 ha rivelato che, a Ica – indicata come esempio degli effetti sociali positivi del modello agro-esportativo -, l’anemia dei bambini tra i 6 e i 36 mesi è aumentata dal 32,7% al 38% e la malnutrizione cronica nei bambini sotto i 5 anni è passata dal 6,5% al 7,3% tra il 2022 e il 2023 (MCLP, 2024). Questo peggioramento si è verificato nonostante il boom delle esportazioni agroalimentari.
I rappresentanti del governo e degli esportatori spesso ignorano l’analisi delle esternalità negative che derivano dai mega progetti di irrigazione orientati all’agro-esportazione” (Beatriz Salazar, APEC e sicurezza alimentare, rivista citata).
Certo, l’autrice critica i megaprogetti per l’esportazione, ma non dice nulla direttamente della base su cui si sviluppa: il sistema semi-feudale e la dominazione semi-coloniale dell’imperialismo. Ma nell’articolo “Approcci all’espansione della frontiera agro-esportatrice sulla costa”, Ana Lucía Araujo Raurau analizza lo sviluppo dell’agricoltura d’esportazione sulla base del latifondo e, dall’altra parte, facendo riferimento ai piccoli agricoltori, cioè al rapporto latifondo-minifondo, trae le sue conclusioni:
Conclusioni
L’accaparramento delle terre sulla costa è stato, senza dubbio, una strategia centrale per il business dell’agro-esportazione in questi quasi tre decenni di boom. Indipendentemente dalla variabilità dei mercati, la frontiera dell’agro-esportazione ha continuato a espandersi. Le province di Virú e Ica rimangono i poli paradigmatici (più vecchi e più attivi) di questo processo, mentre la zona di Olmos, in Lambayeque, si configura come la frontiera permanente più recente. Tuttavia, oltre alla costituzione di grandi poli di attività, notiamo che la costituzione di centri agro-esportatori ha fatto parte del modello dell’agribusiness nelle province di Paita, Sullana e Trujillo.
Le statistiche presentate in questo articolo suggeriscono che la frontiera agro-esportatrice entra nei territori con un modello di accumulazione rapida, monopolizzando grandi estensioni di terra a un ritmo accelerato nei primi anni della sua costituzione, per poi passare a una crescita moderata o stabile. Conosciamo meglio i fattori che permettono la costituzione di aziende agro-esportatrici nei territori costieri; tra i più importanti: la disponibilità di grandi estensioni di terra incolta e la disponibilità di acqua attraverso progetti di irrigazione.
Sono necessarie ulteriori ricerche per identificare quali fattori determinano la continuità o la stabilizzazione della sua espansione nel tempo: ad esempio, i limiti delle risorse (disponibilità di risorse idriche, forza lavoro), i limiti commerciali (che non sembrano essere costrittivi), o la presenza di altri attori sul territorio che ne limitano l’avanzata, come le comunità contadine o le aziende agricole di piccoli produttori.
Questo articolo lancia un campanello d’allarme sugli impatti dell’espansione dell’agro-esportazione sull’aggravarsi delle disuguaglianze sulla terra. I danni della costituzione di strutture bipolari di proprietà sono ben noti in Perù e a livello internazionale; tra i più importanti: la spirale di intensificazione e depredazione delle risorse (suolo, acqua) e le esternalità ambientali che ne derivano, la perdita del controllo territoriale e l’erosione dei mezzi di sussistenza delle comunità contadine e dei piccoli agricoltori; ma anche l’accelerazione della crescita demografica dovuta all’immigrazione e la trasformazione radicale delle società locali.
Date le tendenze analizzate, è possibile che nei prossimi anni emerga una nuova fase più critica nel processo di accaparramento e riconcentrazione delle terre in Perù.
“Nel 2015, il numero 169 della Revista Agraria ha dedicato particolare attenzione al tema della concentrazione fondiaria in Perù con un’analisi del processo di accaparramento delle terre da parte delle aziende agro-esportatrici della costa. A quasi dieci anni di distanza, questo articolo si propone di aggiornare la nostra comprensione della riconcentrazione della terra sulla costa peruviana. Per farlo, esamino le dinamiche di espansione della frontiera agro-esportatrice nel territorio di sei province, tra il 1985 e il 2022, utilizzando i dati di uso e copertura del suolo prodotti dalla piattaforma MapBiomas Perú. Da questa analisi si individua la dinamica della superficie agricola dominata dall’attività agro-esportatrice e le sue ripercussioni sulla struttura della proprietà fondiaria in queste province. Approcci all’espansione della frontiera agro-esportatrice sulla costa peruviana” (Approaches to the expansion of the agro-exporting frontier on the coast, Ana Lucía Araujo Raurau)
AL CONTRARIO, LA STRAGRANDE MAGGIORANZA DEI CONTADINI NON HA TERRA O NE HA POCA E DESTINA LA MAGGIOR PARTE DELLA PRODUZIONE ALL’AUTOCONSUMO
“Le campagne sono predominate dalle unità PAF (cioè i piccoli agricoltori) che sono state rigorosamente stimate in 2,13 su un totale di 2,19 milioni di unità agrarie. Cioè con un peso del 97% (2017)”.
“Un’altra caratteristica importante è che è composta per il 73% da lavoro autonomo nelle unità familiari agricole (lavoratori indipendenti e loro familiari non retribuiti) e per il 27% da lavori in azienda (datori di lavoro e lavoratori). La PAE (popolazione economicamente attiva) occupata delle unità familiari, secondo la regione naturale, è distribuita come segue: 12% sulla costa, 62% in montagna e 26% nella giungla. Per quanto riguarda l’accesso diretto ai prodotti alimentari di origine agricola, almeno la metà delle unità agricole è destinata per lo più all’autoconsumo.
Mentre le persone non povere mostrano un elevato consumo di alimenti acquistati, che rappresenta oltre il 90% della spesa totale per l’alimentazione, i poveri e soprattutto le persone estremamente povere continuano a dipendere in larga misura da alimenti prodotti in proprio. Tra le persone in condizioni di estrema povertà, gli alimenti prodotti in proprio costituisce circa il 42% del consumo familiare totale, un dato che riflette il fatto che una grande percentuale di persone estremamente povere continua a svolgere attività agricole orientate alla sussistenza”.
“Unità di infrasussistenza che si concentrerebbero al 78% in montagna, all’11,9% sulla costa e al 10,1% nella giungla (Maletta, 2017, p. 158). Con minore prevedibilità nella regione della giungla, dove predomina il sistema di produzione agro-forestale con più aziende agricole disperse tra le rive dei fiumi e i banchi di sabbia, la maggior parte destinate all’autoconsumo, che il censimento minimizza e le statistiche standardizzano” (FRIEDRICH-EBERT-STIFTUNG – AGRICOLTURA PERUVIANA, SITUAZIONE E PROSPETTIVE POST COVID-19, Marlene Castillo Fernández, 2021).
In generale, si osserva un deterioramento dei principali asset dell’agricoltura familiare. La superficie media equivalente è passata da una media di 1 ettaro a 0,66 ettari, un calo piuttosto pronunciato. Anche il valore del patrimonio zootecnico (in soles nel 2022) è diminuito in modo significativo, passando da circa 4.600 a 4.000 soles tra il 2012 e il 2022.
Lo scenario generale che emerge dall’analisi dell’evoluzione delle variabili esplicative è quello di un relativo impoverimento e decapitalizzazione dell’agricoltura familiare nell’ultimo decennio in Perù, con gravi problemi nell’avviare un processo di trasformazione agraria. Ciò riflette anche i limiti delle politiche pubbliche nazionali nell’invertire i processi di deterioramento socioeconomico di questo ampio settore dell’agricoltura nazionale (Cabrera Cevallos 2023; Escobal et al., 2015; Grisa & Sabourin 2019; Zegarra 2018).
Latifondi e minifondi: bassa produttività agraria, arretratezza e semi-feudalesimo.
“In una panoramica generale, i risultati sono coerenti con quelli ottenuti per le variabili agricole basate sull’ENAHO per le variabili sociodemografiche e patrimoniali. In questo caso, gli effetti della superficie equivalente e dell’accesso all’irrigazione sono più marcati (25% nel primo caso e oltre il 100% nel secondo). L’importanza strategica dell’accesso alla terra e all’irrigazione per raggiungere livelli più elevati di produzione agricola, produttività e reddito è evidente (Cornia 1985; Hussain & Hanjra 2004; Sheng et al., 2019). Gli impatti della superficie equivalente e dell’offerta di lavoro sulla produttività della terra e del lavoro sono negativi nella misura in cui queste variabili sono il denominatore della variabile dipendente“ (L’AGRICOLTURA FAMILIARE IN PERÙ: SFIDE E POSSIBILITÀ PER LA SUA TRASFORMAZIONE NEL CONTESTO DEGLI OBIETTIVI DI SVILUPPO SOSTENIBILE (OSS)”, Istituto Nazionale di Statistica e Informatica, 2024, Eduardo Ariel Zegarra Ménd).