Un articolo sulla situazione sociale ed economica dei contadini e dei lavoratori in Turchia. L’articolo evidenzia lo sfruttamento e l’oppressione causati dai monopoli e dall’imperialismo e lascia intravedere come il tutto tenda a tradursi nell’alimentazione dei flussi migratori.

1 ottobre 2023. Traduzione non ufficiale da The Red Herald.

Nonostante i costi del cibo siano aumentati rapidamente negli ultimi anni in Turchia, i contadini non ottengono alcun profitto. Il tasso d’inflazione annuale è stato superiore al 58% ad agosto, crescendo per il secondo mese consecutivo. Si stima che raggiungerà il 65% a fine anno. Nel 2022, è stato riferito che il prezzo del cibo è cresciuto di quasi il 90% rispetto all’anno precedente.

Ad esempio, il latte viene venduto sul mercato a 34-40 sterline turche (LT) al litro, ma i produttori ottengono solo 10 LT dalla vendita ai caseifici. Nel 2022 è stato riferito che i costi di produzione di alcuni prodotti agricoli erano triplicati. Il quotidiano Yeni Demokrasi riporta la situazione dei contadini poveri di Ardahan, nel nord-est della Turchia, che non sono in grado di arrivare a fine mese. Il prezzo che gli intermediari pagano agli agricoltori non è nemmeno sufficiente a coprire i costi di produzione. Uno dei contadini dice che allevare bestiame da latte è l’unica cosa che i contadini sono in grado di fare nella zona, ed è il loro unico reddito. I commercianti, che vanno di villaggio in villaggio, costringono i contadini a fare accordi annuali in anticipo, pagando in denaro e per un prezzo molto basso il latte per poi rivenderlo più avanti e ottenere per sé stessi un alto profitto. Ciò che i contadini possono comprare con il denaro diventa sempre meno ogni giorno in un paese con un’inflazione così galoppante come quella che c’è in Turchia.

Una situazione simile è vissuta in tutta la Turchia e in tutta l’agricoltura. In questa situazione commercianti e monopoli ottengono profitti spettacolari, mentre i piccoli contadini, che costituiscono la base dell’agricoltura turca, e i “consumatori”, le larghe masse popolari, muoiono di fame e soffrono. Un altro esempio è la lotta dei contadini in Urfa, che vengono derubati e estorti dalla società elettrica DEDAŞ, di cui abbiamo riferito in precedenza. Yeni Demokrasi ha riferito alla fine di agosto della situazione dei contadini e dei lavoratori stagionali nei campi, dove vengono prodotti pomodori che vengono esportati in Europa. Il giornale denuncia che la maggior parte dei lavoratori stagionali sono bambini di età compresa tra i 9 e i 17 anni, e a causa delle interruzioni di corrente, parte del raccolto è stato distrutto, mentre gli operai non avevano acqua fredda durante il caldo soffocante. “Posso raccogliere 40 scatole di pomodori in un giorno. In cambio ricevo 5 LT per scatola. Guadagniamo una media di 200 LT al giorno. Lavoro qui da quando avevo 10 anni. Do i soldi che guadagno alla mia famiglia perché possa comprarmi dei vestiti”, ha detto un ragazzo operaio al giornale. Nonostante tutto il lavoro, contadini e operai non arrivano a fine mese: in questo caso, i pomodori vengono acquistati dai commercianti in cambio di 3 LT e venduti sul mercato per 15. “Non siamo noi, ma gli intermediari che guadagnano. Sono loro che ne traggono profitto, ma noi ci facciamo carico di tutti i problemi”, dice uno dei contadini.

Negli ultimi decenni, in Turchia sono state fatte enormi privatizzazioni e la cosiddetta  “liberalizzazione” del mercato a favore degli imperialisti, e in modo crescente, i proprietari terrieri e i monopoli stranieri stanno costringendo i piccoli contadini ad entrare nella trappola del debito, obbligandoli a vendere la loro terra e a sfruttarla, e costringendo molti di loro ad andare nelle città o a diventare lavoratori stagionali, poiché non c’è terra e reddito nei villaggi. Un contadino descrive la situazione a Yeni Demokrasi: “Facciamo questo lavoro perché la nostra famiglia lo ha sempre fatto. Non sappiamo fare altro. Non sapremmo cosa fare se lasciassimo questo lavoro. Non c’è altro che possiamo fare, ma è meglio non piantare niente che perdere soldi ogni anno. Se continua così, non pianteremo più colture e diventeremo lavoratori stagionali per l’Occidente”.