In Turchia si sono appena tenute le elezioni, che hanno stabilito la rielezione del “sultano” Erdogan.    Durante le elezioni si contrapponevano da una parte lo schieramento islamista del AKP guidato da Erdogan e dall’altro l’Alleanza Nazionale capeggiata dal vecchio partito kemalista turco guidato da Kemal Kılıçdaroğlu.

 

Si tratta dello scontro tra due schieramenti entrambi fascisti e reazionari. Già Ibrahim Kaypakayya, fondatore del Partito Comunista di Turchia/marxista-leninista (TKP/ML), di cui questo mese ricorreva il sessantesimo anniversario della morte, aveva sottolineato come lungi dal rappresentare qualcosa di progressivo, il kemalismo era la “rivoluzione” dei borghesi compradori e dei feudatari e affermava come la “dittatura kemalista, sedicente democratica, è stata in realtà una dittatura fascista militare.” (Sulla questione curda)

 

Ciò è confermato anche dalle stesse dichiarazioni di Kemal Kılıçdaroğlu che ha addirittura promesso di espellere 10 milioni di profughi siriani dalla Turchia. Inoltre sono da ricordare le azioni del suo Partito Popolare Repubblicano che ha supportato numerosi leggi opprimenti contro il popolo curdo.

 

Il TKP/ML in un suo comunicato di Aprile[1] sottolineava come la soluzione della questione curda non può essere risolta per via riformista, come alcuni partiti come il Partito Democratico dei Popolo (HDP) tendono a sostenere, ma solo attraverso una lotta rivoluzionaria democratica. L’HDP aveva infatti finito addirittura per dare il suo sostegno al candidato Kemal Kılıçdaroğlu.

 

Lo stesso TKP/ML  dichiarava come entrambi gli schieramenti fossero reazionari e invitava a boicottare le elezioni. Lo slogan era il seguente: “Né la Presidenza né il Parlamento, tutto il popolo sulla via della rivoluzione! Non fatevi imbrogliare dall’inganno riformista, non andate alle urne! La speranza non è nelle urne, ma nella Rivoluzione Democratica Popolare! Non votare, sostieni la guerra popolare! Elezioni no, Viva la Rivoluzione! Il nostro percorso è la guerra popolare, il nostro obiettivo è la rivoluzione democratica popolare!”

 

La “vittoria” di Erdogan è stata in realtà segnata da numerosi atti fascisti e anti-democratici, ostacoli  al diritto di voto, arresti, aggressioni e uccisioni squadriste. Il giornale Yeni Demokrasi[2] ha segnalato molti di questi atti, rispetto ai quali sulle televisioni nazionali è calato il silenzio, preoccupati di mantenere buoni rapporti con un indispensabile alleato e membro dell’Alleanza Atlantica.

 

In un villaggio vicino a Antakya, due scrutatori che hanno provato a denunciare irregolarità, come il fatto di andare a votare senza carta di identità o il cercare di entrare in più persone in un seggio, sono stati aggrediti dal capo-villaggio e dai parenti che ritenevano queste parole “un insulto al Presidente”. La gendarmeria si è limitata ad osservare e monitorare la situazione.

 

Addirittura il vicepresidente del distretto di MHP Dilovası Yücetan Dilmaç è stato sorpreso a votare in due diversi seggi elettorali. Dilmaç, contro il quale è stata sporta denuncia penale, avrebbe detto agli avvocati: “Non sapevo si trattasse di un reato!”

 

Il deputato della Sinistra Verde Onur Thinkmez e alcuni avvocati sono stati attaccati da squadristi membri del AKP e da alcune guardie del villaggio mentre indagavano sull’accusa di voto di massa nel villaggio di Mavan nel distretto di Derecik. Durante gli scontri le guardie hanno iniziato a sparare in aria.

 

Nel distretto Cizre di Şırnak gli abitanti che attendevano di votare nel cortile della scuola elementare Metin Bostancıoğlu sono stati attaccati dalla polizia nel tentativo di impedire loro di votare. In seguito all’attacco con gas lacrimogeni e proiettili di gomma, gli abitanti sono stati allontanati dal seggio elettorale.

 

Un membro della SODAP che lavora alla scuola secondaria Kocaeli Çayırova è stato arrestato dalla polizia dopo essere intervenuto nell’irregolarità subita durante il voto.

 

Anche successivamente alla vittoria elettorale i sostenitori del AKP di Erdogan si sono riversati nelle strade, provocando disordini nella totale impunità della polizia. Ma si potrebbero citare le numerose detenzioni arbitrarie di giornalisti, politici dell’opposizione, lavoratori ed esponenti del mondo democratico e del movimento delle donne.

 

Sempre il sito Yeni Demokrasi rivela come negli ultimi 10 anni il numero di persone detenute in Turchia sia triplicato negli ultimi 10 anni, con un aumento del 14.9% tra il 2021 e il 2022. Ciò rivela il crescente processo di fascistizzazione in corso in Turchia.

 

Questo rende piuttosto comiche certe affermazioni di alcuni “esperti” del nostro paese, come quelle della testata il Faro di Roma: “L’elezione sono state libere e trasparenti. I partiti politici potevano presentare candidati e condurre campagne. I partiti avevano anche il diritto di avere rappresentanti in ogni seggio elettorale per garantire che i voti fossero contati correttamente. Gli elettori erano liberi di votare. Questo non è certamente piaciuto all’Occidente.”[3]

 

Questa interessata negazione della realtà è presente anche in altre testate come per esempio l’Antidiplomatico: “Di interesse notare che la vittoria elettorale non ha suscitato proteste, nonostante alcuni media avessero riferito di asseriti brogli elettorali da parte dell’autorità centrale.”[4]

 

Questa tesi, che si coprono sono uno pseudo “anti-imperialismo” si spiegano con la teoria reazionaria secondo cui Erdogan sarebbe un “alleato” di un presunto fronte mondiale “anti-imperialista” contro gli Stati Uniti e il cosiddetto Occidente. Oltre a ciò si cita la necessità di un presunto ruolo mediatore che Erdogan avrebbe nel conflitto tra Russia e Ucraina. In tal modo i diritti delle masse popolari e di popolazioni come i curdi possono essere sacrificati sull’altare di questa necessità.

 

D’altronde questa tesi risulta contraddetta dal sostegno che l’elezione di Erdogan ha ricevuto da tutti i maggiori esponenti delle potenze imperialiste occidentali, dal presidente americano Joe Biden, dalla presidente della commissione europea Von Der Layen, dalla presidente Meloni oltre che dal presidente cinese Xi Jinping e dal presidente russo Putin. E queste considerazioni, che apparentemente si vorrebbero progressiste, ricalcano perfettamente le considerazioni dell’ex presidente del consiglio Mario Draghi che sosteneva che “con questi dittatori bisogna collaborarci.”[5]

 

Quindi oltre che essere profondamente cinica e reazionaria, questa tesi non ha neanche alcun fondamento nei fatti. E finisce per sostenere un regime capitalista burocratico che oltre che essere piena espressione dell’imperialismo e inserito nell’Alleanza Atlantica, provoca anche feroci sofferenze alle masse popolari, alle donne, alle minoranze LGBT e a tutti i democratici e gli anti-fascisti turchi.

[1]https://redherald.org/2023/04/07/central-committee-of-the-tkp-ml-calls-for-an-election-boycott/

[2]https://www.yenidemokrasi32.net/

[3]https://www.farodiroma.it/turchia-le-implicazioni-nazionali-e-internazionali-della-vittoria-di-erdogan-jalel-lahbib/

[4]https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-il_dato_certo_delle_elezioni_turche_perdono_i_neocon/5694_49811/

[5]https://it.euronews.com/2021/04/09/sofagate-ecco-la-frase-di-mario-draghi-che-ha-fatto-infuriare-erdogan