Il Merito: un’idea del passato. Con il sorgere del capitalismo e l’affermazione della cultura del potere e dell’autorità della borghesia, il ricorso al “merito” ha segnato, dalla prima rivoluzione industriale al fordismo, l’esercizio del dominio del padrone o del governante. Gravi sono state le conseguenze fra gli operai: penalizzazione degli scioperi, premi di merito in funzione antisindacale, scarso ricorso, anche per problemi di salute, alle assenze dal lavoro, aumento ore lavorative in vista della premialità con conseguenti infortuni sul lavoro.
Questo modello è stato poi traslato in ambito scolastico dove è avvenuta la glorificazione del “merito” che, perseguito, accresce le disuguaglianze contravvenendo quanto formalmente stabilito dall’art. 3 della Costituzione.
“È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana”.
La meritocrazia ha come scopo quello di determinare una competizione sviluppata al suo massimo grado. Al centro c’è un’idea dell’homo oeconomicus, sia esso proletario o borghese, che persegue obiettivi utilitaristici in senso individualista e particolarista. Lo studente del “saper fare” e non del “sapere astratto”. Ne consegue un’accettazione del mondo così com’è. Chi rimane indietro può godere del Reddito di cittadinanza (peraltro messo ora al bando), che trasferisce una parte del maggior reddito dei “meritevoli” verso i “meno meritevoli”.
Vengono adottate politiche ispirate all’ idea che l’istruzione abbia il compito, rispetto agli studenti provenienti dalle masse popolari, di formare lavoratori specializzati per le esigenze delle piccole e medie imprese. A tale scopo si sfoggiano varie argomentazioni meritocratiche per giustificare questa forma di adattamento/asservimento delle istituzioni educative al mercato del lavoro col fine ultimo di preparare i giovani proletari a diventare cittadini produttivi nell’ economia. In ultima analisi, la meritocrazia è un pilastro della globalizzazione conservatrice che si presenta, nonostante la sua natura reazionaria ed imperialista, come neo-liberista, come volta quindi alla giustificazione morale della disuguaglianza nella distribuzione della ricchezza.
Alcune semplici osservazioni:
1 la scuola come macchina selezionatrice, asservita a una società meritocratica guidata dal mercato monopolistico, produce delle dinamiche che determinano una corruzione di fondo dell’istruzione e che mettono fuori gioco quella che dovrebbe essere la missione educativa, civica propria della scuola;
2 la competizione non crea un clima favorevole all’apprendimento fine a sé stesso, ossia finalizzato ad una formazione complessiva, umanistica e scientistica e quindi inevitabilmente consapevole e critica;
3 i test come gli Invalsi, per la valutazione del livello di apprendimento, sono standardizzati (quindi non rispondenti alle diverse realtà all’interno del Paese e addirittura all’interno di una stessa area geografica). Sono orientati ai risultati e i punteggi conseguiti sono, in ultima analisi, strettamente correlati al reddito della famiglia di appartenenza dello studente; non sono quindi in alcun modo una qualche effettiva misura delle doti intellettuali e del potenziale dei giovani studenti;
5 l’uso distorto delle tecnologie e le trasformazioni della didattica hanno prodotto uno snaturamento ed un impoverimento della lingua, della storia, della letteratura e registrato un declino drammatico delle conoscenze matematiche;
6 a cosa serve la promozione delle “competenze” al posto di una cultura e di una formazione intellettuale complessiva? Servono per valutare il cosiddetto merito. Poiché si ha bisogno di forza lavoro minimamente qualificata da utilizzare nella produzione, la scuola è chiamata a formare larghi settori di cittadini pronti per la produzione ai fini dei profitti;
7 il “merito” viene definito come una combinazione di talento e impegno. Di conseguenza, premiare il merito vorrebbe dire valutare anche il talento, ovvero una serie di caratteristiche che la persona eredita non tanto per via genetica, quanto in realtà ambientale, familiare.
8 L’idea di merito risale anche alle norme sulla parità e sull’autonomia scolastica (governo di centro-sinistra Prodi-Berlinguer-Bassanini). Tali norme andrebbero lette assieme ad altri provvedimenti fra cui: a) Il dimensionamento delle istituzioni scolastiche, b) L’introduzione del DS che non è più un primus inter pares, ma una figura sovrastimata, c) La legge sulla privatizzazione dei dipendenti pubblici per cui i docenti diventano lavoratori subordinati con l’obbligo di eseguire le direttive del superiore gerarchico (Addio libertà d’insegnamento).
I governi di centrodestra confermano nel tempo e tendono ad accentuare ulteriormente riforme ordinamentali del centrosinistra (modello aziendalistico, drastico taglio alla spesa per la scuola e per il diritto allo studio, tagli al tempo scuola).
La Buona Scuola del governo Renzi prosegue sulla strada dell’autonomia Prodi-Berlinguer. Addirittura, contravvenendo ai principi costituzionali, il governo si è concessa una delega in bianco su molti aspetti dell’ordinamento scolastico compreso il T.U. della scuola.
Ora si attendono gli ancora più pesanti provvedimenti preannunciati dal governo di estrema destra, sicuramente favorevole alla meritocrazia in funzione antidemocratica e visceralmente classista.
L’unica cosa certa è l’esistenza di una sedicente sinistra, intellettuale e politica, che ha abbandonato da tempi ormai immemori la sua battaglia per un’uguaglianza sociale, sostituendola con l’ideologia dell’“eguaglianza delle opportunità”, abbracciando e sancendo in tal modo una visione meritocratica della società.
Queste continue riforme della scuola hanno il principale obiettivo di contribuire a trasformare, in modo autoritario, antidemocratico e liberticida, tutto l’assetto della società escludendo, mettendo ai margini le classi subalterne e in particolare quella proletaria già pesantemente provata e indebolita dalle politiche sia dei governi di centro-sinistra che da quelli di centro-destra. Un connubio, quest’ultimo, micidiale, un vinculum sceleris pattuito anche con la connivenza dei sindacati confederali. È evidente come tutto questo oggi trovi molteplici articoli e riscontri. Il nesso tra autonomia differenziata regionale e il DDL che in Trentino è stato approvato per introdurre il percorso di carriera dei docenti è uno dei tanti esempi di una logica basata sul “divide et impera”. Un modello, quello dell’autonomia differenziata, che applicato a tutte le regioni, aumenterebbe a dismisura le diseguaglianze già esistenti fra Nord e Sud, in particolare nella sanità, nella scuola e nei servizi sociali. Ci troviamo di fronte ad una destra con un chiaro progetto politico di distruzione della democrazia; basti pensare all’idea di instaurare il presidenzialismo o all’indecente soppressione degli istituti di controllo sull’operato del governo (nessun controllo da parte della Corte dei conti, proroga danno erariale, l’aver fatto strame della nostra Costituzione, il tentativo dell’abolizione del reato di tortura).
Per fronteggiare questa destra aggressiva, per impedire una deriva dittatoriale è necessario oggi più che mai creare una forte unione dei comunisti su un preciso progetto politico non soltanto di opposizione, ma anche di rovesciamento del governo attuale. Cercare gli elementi che uniscono, non quelli che ci differenziano.