A Marcinelle, cittadina mineraria della Vallonia (Belgio), l’8 agosto 1956 morirono 262 minatori, in maggioranza italiani, nella miniera “Bois du Cazier”. L’8 agosto di quest’anno è diventato occasione per una rivoltante retorica nazionalistica in linea con l’ipocrita istituzione della “Giornata nazionale del sacrificio del lavoro italiano nel mondo”. La Meloni ha dichiarato: “In questa giornata, onoriamo anche questa grande storia e rinnoviamo il legame con i nostri connazionali all’estero, uomini e donne innamorati dell’Italia e che contribuiscono a rendere la nostra Patria amata e apprezzata nel mondo”. In prima fila nelle celebrazioni anche altri esponenti del governo fascista in carica che si appresta, dopo vari decreti liberticidi e repressivi e dopo la legge antipolare e razzista sull’autonomia differenziata, a mandare in porto la controriforma del premierato con lo scopo di cristallizzare un regime fascista.

Proletari, contadini e piccoli allevatori hanno pagato, a partire dalla fine dell’800, e continuano a pagare ancora oggi un prezzo altissimo in termini di emigrazione forzata, morti sul lavoro all’estero, discriminazioni, razzismo e linciaggi, a causa dell’unificazione dell’Italia fondata su interessi e logiche economiche e sociali strutturalmente antioperaie, antipopolari e antidemocratiche. L’Italia è l’unico paese al mondo che ha esportato milioni e milioni di proletari e di contadini, un’emigrazione che ha enormemente impoverito intere regioni del paese, come nel caso del dimezzamento della popolazione sarda. La santa alleanza tra il capitale finanziario e industriale del Nord e i grandi latifondi, tra cui in particolare quelli feudali e semi-feudali del Centro-Sud, ha determinato la costituzione di un blocco dominante che, pur passando attraverso vari processi di ristrutturazione, ha basato il proprio dominio sul supersfruttamento del proletariato industriale, sul sistematico impoverimento ed oppressione servile delle masse contadine e sulla gestione semicoloniale del Meridione. Una costante storica che si è mantenuta nel tempo sino a trovare una devastante riproposizione nella politica dell’attuale governo fascista.

Il fascismo mussoliniano ha continuato l’opera dei liberali reazionari e della monarchia. In seguito all’approvazione da parte del Gran Consiglio del Fascismo dell’ordine del giorno Grandi (luglio 1943), gran parte del regime fascista insieme alla monarchia si è riprodotto e riciclato nel quadro dell’egemonia degli USA e della GB formando le basi, insieme al contributo del Vaticano, per quel “nuovo Stato” cosiddetto democratico e costituzionale che, grazie alla svolta e alla degenerazione reazionaria del PCI di Togliatti, ha sostanzialmente salvato e reintegrato anche i repubblichini mussoliniani. 

Questo è lo Stato che, tra le tante innumerevoli infamie, ha teorizzato che la vera soluzione dei problemi dell’economia italiana consisteva nella promozione dell’emigrazione all’estero e che, in linea con tali affermazioni, nel 1947 con il governo De Gasperi e la sottoscrizione del protocollo Italo-Belga,  ha letteralmente venduto 63.000 lavoratori italiani al Belgio per il lavoro nelle miniere, in gran parte obsolete e notoriamente carenti, se non sostanzialmente prive di strutture atte a garantire la sicurezza dei lavoratori. Il tutto in cambio di carbone per i grandi monopoli industriali del Nord Italia. Proletari e contadini costretti da un infame capitalismo italiano, da un perdurante imperialismo straccione dai tratti semi-feudali, a lavorare nelle miniere in condizioni inumane sino all’inevitabile tragedia, sino alle centinaia di morti sul lavoro di Marcinelle.

Morti dunque in primo luogo causati dal capitalismo e dallo Stato italiani, morti sul lavoro che le retoriche celebrazioni nazionaliste e fasciste di questi giorni contrabbandano come “morti per la patria”, morti di cui si esalta “il sacrificio” per gli “interessi della nazione”. Morti assassinati dagli stessi interessi e dalle stesse logiche che ogni anno mietono decine di migliaia di morti sul lavoro (tramite infortuni ed esiti infausti di malattie professionali, in gran parte nemmeno riconosciute). Tutto questo in un paese che riduce ad una farsa la salvaguardia della salute e della sicurezza dei lavoratori, che usa i medici competenti delle aziende (al servizio dei padroni) per marginalizzare, mobizzare e licenziare i lavoratori e che con il recentissimo decreto Meloni, non a caso successivo all’efferato episodio di Latina con un bracciante irregolare lasciato morire dissanguato dal padrone e dai caporali, legalizza praticamente qualsiasi violazione, imponendo ai pochissimi “ispettori del lavoro” esistenti di provvedere preventivamente, in tempi congrui, ad avvisare le aziende in occasione delle ispezioni. Questo rispetto alle già scarse e aleatorie norme sulla sicurezza nei posti di lavoro e sulle verifiche del lavoro irregolare.

Onorare i morti di Marcinelle vuol dire unire la lotta e l’organizzazione sindacale di classe con la lotta per l’abbattimento del fascismo e per la soppressione dell’abominevole capitalismo e imperialismo straccione italiano.

PER LA DEMOCRAZIA POPOLARE